BTp e titoli societari di qualità per assicurarsi un rendimento appetibile. Dopo la bufera sulle obbligazioni in vista del rialzo dei tassi, gli investitori sono tornati a comprarle.
Il movimento in acquisto è stato talmente impetuoso che i rendimenti si sono contratti velocemente (con titoli che danno cedole a tasso fisso, se le quotazioni si alzano il guadagno complessivo si riduce). Quello del nostro Btp decennale è calato di un punto percentuale in venti giorni (dal 4% al 3%), un tonfo che negli anni scorsi alla Bce è costato miliardi di spesa. Ma con i rialzi dei tassi di interesse inevitabili per fermare l’avvitamento dei prezzi, ha senso mettersi in portafoglio le obbligazioni?
Acquisti a rate
La soluzione, dunque, potrebbe essere suddividere gli acquisti, una strategia considerata efficace da molti consulenti.
«In questa fase di mercato – afferma Linda Leodari, consulente finanziaria autonoma associata NAFOP – ci potrebbero essere altri cali dei corsi. In Italia, un ulteriore elemento di incertezza sono le prossime elezioni politiche. Consigliamo, quindi, di prevedere acquisti in almeno due o tre tranches distanziate».
Non guardare troppo lontano
Il secondo suggerimento operativo è di non eccedere con la durata finanziaria dei titoli, che è data dagli anni necessari per rientrare del capitale investito con il rimborso del capitale e con il pagamento delle cedole. In pratica, si raccomanda di non andare oltre una scadenza decennale. È vero che le obbligazioni molto lunghe permettono di assicurarsi un rendimento interessante, anche in prospettiva, dato che l’inflazione dovrebbe scendere verso l’obiettivo delle banche centrali intorno al 2% e i tassi di interesse livellarsi di conseguenza. Ma le incognite aumentano con il tempo e il rischio di discesa delle quotazioni è maggiore.
Cosa comprare
«I titolo governativi hanno senso – precisa Allegra, ma deve valerne la pena per il tasso. Il BTp va bene, il Bund poco sopra l’1% non lascia margine. Le emissioni societarie con il rating a cavallo tra BB e BBB hanno un ottimo rapporto tra rendimento e rischio: la Bce se ne deve liberare e, dunque, i prezzi sono scesi, con conseguente aumento dei rendimenti a livelli appetibili per molte grandi aziende emittenti come Telecom, Nexi e Enel, tra le italiane».
Leodari suggerisce un mix tra titoli europei e americani (che però presentano un rischio cambio), tra i quali inserire qualche BTp e obbligazioni di società private, da scegliere anche singolarmente se di rating elevato o attraverso Etf (fondi passivi quotati) se di rating basso, per diluire il rischio su molti emittenti. Sulle obbligazioni legate all’inflazione, invece, c’è meno consenso, perché i prezzi al consumo non scenderanno velocemente, ma le quotazioni hanno incorporato le attese. Per questo motivo, quindi, è comunque meglio evitare le scadenze lunghe.
Opzioni più esotiche
Per chi sia disposto ad accettare più rischio, gli operatori hanno puntato il faro sulla Romania: «Ha la sua valuta – conclude Allegra -, ma fa parte dell’Unione europea ed è nella sfera di influenza degli Usa. Il Paese, certamente, ha molti problemi, ma i titoli di Stato rumeni hanno subìto cali pesanti a causa della vicina guerra e rendono il 9% a dieci anni, con lo stesso rating dell’Italia».
Emergenti al setaccio
Per le obbligazioni dei Paesi in via di sviluppo occorre fare una selezione attenta, perché alcuni emittenti sono penalizzati dall’aumento del dollaro. Anche i bond cinesi hanno perso attrattività in termini relativi e si sono mossi molto meno delle obbligazioni occidentali. «I bond governativi cinesi – spiega Leodari – che nell’ultimo anno sono stati redditizi e decorrelati dagli altri mercati, sono penalizzati dalla debolezza del renmimbi e il costo della copertura valutaria prosciugherebbe buona parte del rendimento offerto (il decennale è intorno al 4%, ndr). Il dollaro forte penalizza in generale le economie emergenti, già minate dalla pandemia. Ci sono già i primi default: quello dello Sri Lanka, forse seguito dal Pakistan».