Un consulente segue in media 101 clienti e oltre il 70% offre il servizio fee only
Tra i trend che contrassegneranno il settore della consulenza finanziaria nei prossimi anni c’è la crescente preferenza per soluzioni basate su commissioni trasparenti e modelli di prezzo più equi. Nuove aspettative da parte degli investitori che stanno via via trasformando il mercato italiano, tradizionalmente conservatore, con un modello ancora prevalentemente basato sulle commissioni retrocesse dalle case prodotto alle reti distributive e ai loro consulenti. I clienti, soprattutto i più giovani, cercano maggiore trasparenza sui costi e servizi più economici, spingendo banche e reti a rivedere i loro modelli di consulenza.
A tal riguardo gli Stati Uniti rappresentano da sempre un punto di riferimento, con gli investitori americani che storicamente hanno una maggiore cultura finanziaria che genera la necessaria spinta dal basso per consentire al mercato di evolvere naturalmente verso modelli più efficienti, senza alcuna imposizione regolamentare. Dalle annuali ricerche realizzate da Cerulli Associates emerge che se nel 2013 il 62% dei clienti statunitensi riteneva che i costi del servizio di consulenza non fossero chiari. A fine 2023 questa percentuale è scesa al 21 per cento. Di pari passo è aumentato il ricorso alla consulenza a parcella: dal 31% dei consulenti nel 2013, ad oltre il 70 per cento.
Oggi negli Usa convivono diverse figure professionali che offrono a vari livelli servizi di pianificazione finanziaria. In particolare i wealth manager pur rappresentando ancora solo il 10% dei consulenti, arrivano a gestire il 18,2% degli asset grazie ai loro alti livelli di produttività.
In media un consulente ha 101 clienti (di cui 38 donne), un quarto dei quali ha un’età superiore a 70 anni.
Solo il 26% dei wealth manager statunitensi si occupa di costruire in prima persona i portafogli dei clienti. La gran parte li lascia definire da specialisti del proprio team (30%), dalla divisione di advisory della società per cui lavora (38%) o utilizza modelli sviluppati da terzi (6%). Il consulente a stelle e strisce dedica la gran parte del tempo alla relazione con il cliente (in media 22 ore settimanali) e il resto lo divide tra pratiche amministrative (9 ore), gestione dei portafogli (7 ore) e aggiornamento e sviluppo professionale (2 ore).
Dalla ricerca emerge anche che la soddisfazione del cliente si crea più sulla fiducia che sulla performance. Il 26% degli investitori americani ritiene in primis la chiarezza espositiva e l’onestà la prima ragione di soddisfazione nel loro rapporto con il consulente finanziario. Seguono la professionalità e l’assenza di conflitto di interessi. Il 19% valuta in primis il servizio di consulenza, mentre solo il 14% mette al primo posto la performance conseguita con gli investimenti.
Secondo la survey “Affluent and high net worth consumer insights” di McKinsey il cliente dei wealth manager Usa ritiene siano in assoluto tra i più imprescindibili i servizi legali (19%) e fiscali (17%) offerti dal consulente. Seguono i finanziamenti (10%), prodotti assicurativi (9%), gestione del risparmio (9%), investimenti (7%) e filantropia (7%).
Tutti numeri che evidenziano un modello di consulenza che pone al centro l’attenzione al cliente.
Gianfranco Ursino – Direttore Plus24
Plus24 del 22 febbraio 2025