Articolo di Plus24 – Il Sole 24 Ore – 25 novembre 2023
È l’inflazione l’indicatore da tenere d’occhio per mettere a punto il portafoglio obbligazionario. Se si surriscaldano di nuovo i prezzi, le banche centrali rimetteranno mano ai tassi di interesse e saranno dolori per chi ha puntato quasi esclusivamente sulle lunghe scadenze.
Consigli operativi
«Per capire come la pensano i governatori della Federal Reserve, basta guardare il dotplot, ovvero il grafico che sintetizza le previsioni dei vari componenti della banca centrale Usa. Prevedono di arrivare verso il 2% a fine 2027»: basta questo, sottolinea il consulente finanziario indipendente Stelvio Bo, per capire le incertezze che ancora esistono anche fra coloro che muovono le leve dei tassi di interesse. D’altronde, la stessa Bce ha rafforzato i dubbi sul futuro dei prezzi segnalando che l’inflazione potrebbe di nuovo aumentare nei prossimi mesi. E dunque? «Oggi non imposterei un portafoglio obbligazionario su scadenze di lungo periodo. Ci sono troppe incertezze. Resterei su una durata massima di 5 anni – ribadisce Bo –. Vedo in prospettiva un aumento delle richieste di petrolio soprattutto da Cina e India che hanno fame di energia come e più dei Paesi occidentali. L’offerta di greggio è invece anelastica: l’aumento del prezzo del petrolio potrebbe ridare quindi forza all’inflazione».
Inflazione sopra il 2%
Stesse convinzioni anche per il consulente finanziario indipendente Francesco Messina: «Non credo che l’inflazione tornerà al periodo pre Covid, tutt’altro. Sto organizzando i portafogli dei miei clienti stimando un’inflazione sopra il 2%. Ci sono tante motivazioni a sostegno di questa tesi. Una per tutte: la fine della globalizzazione come la ricordavamo a causa dello scontro fra Usa e Cina. E la globalizzazione era uno degli elementi chiave dell’inflazione bassa ante Covid». Anche Messina suggerisce quindi bond con una durata massima di 5 anni. Ma che tipo di bond? «Per motivi di fiscalità, i titoli di Stato sono assolutamente i più competitivi – ricorda il consulente –. Quindi i BTp ma non solo. Sono interessanti anche titoli sovranazionali dell’Ue che rendono intorno al 3%». Che fine fanno invece gli inflation linked? Messina consiglia di conservare in portafoglio questa categoria di titoli di Stato «ma devono avere una giusta duration che potrebbe essere quella di 3-4 anni».
Muoversi sul lungo periodo
Chi vuole muoversi in maniera più decisa sulla curva dei tassi di interesse, invece, cosa deve fare? «I portafogli dei nostri clienti sono impostati mediamente su una durata di 5 anni – spiega la consulente finanziaria indipendente associata Nafop Linda Leodari –. Però, a nostro avviso, bisogna muoversi pure sul lungo termine. Abbiamo cominciato da qualche settimana, facendo acquistare scadenze fino a 13-15 anni per una porzione di portafoglio. Percentuali è sempre difficile fornirle, perché i portafogli sono costruiti sull’esigenze del singolo cliente. In maniera indicativa, posso dire che stiamo intorno al 10% del portafoglio». Fra i titoli segnalati c’è il BTp con scadenza marzo 2037, (IT0005433195), una cedola annua 0,95% lordo, con cadenza semestrale. «Offre al momento un rendimento annuo lordo del 4,51% fino alla scadenza , di cui la maggior parte derivante da guadagno in conto capitale – aggiunge Leodari –. L’idea è di sfruttare l’incremento del prezzo che il titolo dovrebbe ottenere in seguito all’avvio del calo dei tassi di interesse fra qualche mese, in quanto la sua lunga duration è un amplificatore della performance».